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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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De senectute, 83
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originale
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83. Quid, quod sapientissimus quisque aequissimo animo moritur, stultissimus iniquissimo, nonne vobis videtur is animus qui plus cernat et longius, videre se ad meliora proficisci, ille autem cuius obtusior sit acies, non videre? Equidem efferor studio patres vestros, quos colui et dilexi videndi, neque vero eos solos convenire aveo quos ipse cognovi, sed illos etiam de quibus audivi et legi et ipse conscripsi; quo quidem me proficiscentem haud sane quid facile retraxerit, nec tamquam Peliam recoxerit. Et si quis deus mihi largiatur, ut ex hac aetate repuerascam et in cunis vagiam, valde recusem, nec vero velim quasi decurso spatio ad carceres a calce revocari.
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traduzione
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83 E poi, dal fatto che quanto pi? uno ? saggio tanto pi? muore serenamente, invece quanto pi? ? stolto tanto pi? muore nell'angoscia, non vi sembra forse che l'anima del primo, capace di guardare meglio e pi? lontano, vede di partire per un mondo migliore, mentre l'anima del secondo, dalla vista meno acuta, non lo vede? Da parte mia, ardo dal desiderio di vedere i vostri padri, che onorai e amai, e non vedo l'ora di incontrare non solo chi ho conosciuto personalmente, ma anche gli uomini di cui ho sentito parlare, ho letto e ho scritto di mio pugno. E quando partir?, nessuno potr? facilmente tirarmi indietro o ricuocermi come Pelia. Se poi un dio mi concedesse di ritornar bambino, da vecchio che sono, e di vagire nella culla, direi decisamente di no e non vorrei proprio esser richiamato dalla meta al punto di partenza dopo aver quasi finito la corsa.
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